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La percezione del sapore

Psiche & Food
di
Elisabetta Angelini
Psiche & Food
di Elisabetta Angelini

La percezione del sapore

Ogni giorno dobbiamo gestire contemporaneamente un numero incredibile di stimoli e informazioni, anche mentre compiamo le azioni più semplici e automatiche. Pensiamo a cosa facciamo quando guidiamo: al nostro cervello arrivano continuamente informazioni visive e uditive, perchè dobbiamo prestare attenzione alla strada e al traffico, e informazioni tattili, che possono arrivare molto banalmente anche solo dalla presa salda del volante. E tutto questo si unisce a una capacità di coordinazione motoria per niente banale, per esempio quando dobbiamo cambiare marcia.

La percezione della realtà esterna e del mondo in cui viviamo deriva dall’integrazione di tutti gli stimoli sensoriali che ci colpiscono contemporaneamente.

Come si collega tutto questo all’alimentazione?

Normalmente siamo portati a pensare che il sapore dei cibi derivi dal gusto che ne percepiamo in bocca. È intuitivo, scontato. O forse no?

Molti studi di psicologia hanno dimostrato che, in realtà, nella percezione del cibo è l’odore a giocare il ruolo principale. Pensate all’ultima volta che avete avuto un forte raffreddore: certamente i cibi non avevano lo stesso sapore. O ancora, pensiamo alla classica scena in cui la mamma cerca di far mangiare i broccoli alla figlia e lei si tappa il naso e fa la faccia disgustata!

Anche se è contro-intuitivo, la percezione del gusto, come la percezione di ogni altro stimolo, è qualcosa di multisensoriale. Evolutivamente, ognuno dei 5 sensi ha giocato un ruolo fondamentale nel nostro rapporto con il cibo. L’odore diventa particolarmente pungente quando un cibo è marcito; l’informazione visiva è la prima che percepiamo, perchè prima di mangiare qualcosa lo vediamo con gli occhi.

Anche il tatto ha un ruolo, perchè anche la consistenza e la temperatura dei cibi ci danno informazioni su cosa e come mangeremo e ci permette di sentire la sensazione di dolore o fastidio quando mangiamo, per esempio, qualcosa di piccante.

Praticamente nel corso del tempo tutte le discipline si sono interessate all’alimentazione e alla percezione del sapore, anche quelle più impensabili: la filosofia, l’antropologia, e anche la psicologia. Quando pensiamo al legame tra psicologia e alimentazione ci viene spontaneo pensare ai disturbi, e anche per la psicologia stessa non è stato immediato pensare al cibo in un’ottica diversa, men che meno multisensoriale.

Infatti i primi studi sono di metà ‘900, e si sono limitati a indagare il ruolo della vista. “Limitati” nel senso che ancora non si ragionava in ottica multisensoriale, ma è stata una grande innovazione!

Solo nei primi del ‘900 si è cominciato ad indagare in questo senso e non limitatamente alla vista.

Anche oggi, quando andiamo al ristorante magari facciamo caso a come è impiattato quello che abbiamo ordinato (Masterchef insegna), ma certo non pensiamo che questo potrebbe influenzare il sapore finale.

Per dimostrarvi il contrario, vi racconto un esperimento di Wheatley. Questo ricercatore ha chiesto a chi partecipava al suo esperimento di mangiare una bistecca, patatine fritte e piselli. Quello che i partecipanti non sapevano, è che nella stanza era stata messa una luce di mascheramento. Una volta arrivati a metà del piatto la luce di mascheramento è stata tolta, e i partecipanti hanno visto il colore reale dei cibi: una bistecca blu, patatine fritte verdi e piselli rossi. Ovviamente il sapore non era diverso, altrimenti avrebbero smesso di mangiare subito: quando hanno visto il colore reale, però, molti di loro hanno provato un forte senso di nausea. Come biasimarli? Ricordate il caso delle mozzarelle blu? Era emerso che non erano in alcun modo pericolose, ma io personalmente non le avrei mai comprate!

Anche la neurofisiologia ha portato prove a sostegno di queste tesi: ci sono aree del cervello che si attivano quando alle persone vengono presentate le giuste combinazioni odore-colore, e queste aree si attivano meno (o non si attivano affatto) quando la combinazione è sbagliata. Il nostro cervello ha imparato ad associare a certi cibi un preciso colore e un preciso odore. Quando questa combinazione salta, come nel caso delle mozzarelle blu, andiamo in confusione.

Non dobbiamo però pensare a questo in modo negativo, come qualcosa che non riusciamo a fare, ma come a qualcosa di fondamentale. Vedere un pane completamente nero, unito a un odore particolare, sentirlo “strano” al tocco ci fa capire che è bruciato senza nemmeno doverlo assaggiare. E mangiarlo sì che avrebbe conseguenze negative. Il fatto che la percezione, anche quella del sapore del cibo, sia qualcosa di multisensoriale ci tutela.

Altri studiosi e altre ricerche hanno indagato anche il ruolo degli altri sensi nell’influenzare il sapore che percepiamo, ma di questo parleremo più avanti… più avanti vedremo come anche gli altri sensi hanno la capacità di influenzare il sapore che percepiamo, ma non solo.

Scopriremo che entrano in gioco fattori sociali e culturali senza trascurare un aspetto estremamente importante che è la nostra esperienza personale.

Impareremo che in realtà si assaggia con il cervello e con le emozioni che ne scaturiscono di cui i sensi sono esclusivamente strumenti percettivi e non oggettivi.

Elisabetta Angelini

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