Partiamo dal presupposto che NESSUN alimento è completamente sterile: eliminare il 100% dei microbi è impossibile senza provocare danni irreparabili, perciò qualsiasi alimento dopo un certo periodo si altera, per quanto trattato o conservato correttamente. Ed è proprio la proliferazione microbica il principale pericolo che ogni giorno si combatte nella produzione di alimenti.
Ci tengo a fare subito una precisazione: non tutti i microrganismi agiscono sull’alimento o sul consumatore allo stesso modo, e soprattutto non tutti sono dannosi. Esistono infatti microrganismi fondamentali per la buona riuscita di alcuni processi (basti pensare ai lieviti, o ai batteri lattici con cui si produce lo yogurt) o che hanno effetti positivi sul consumatore (i famosi “microrganismi probiotici” che aiutano la flora intestinale).
Di questi però non dobbiamo preoccuparci. Focalizziamoci invece su quelli dannosi.
È importante distinguere tra microrganismi dannosi ALTERANTI e microrganismi dannosi PATOGENI:
- I primi, come suggerisce il nome, alterano le caratteristiche dell’alimento, ma senza conseguenze sulla salute del consumatore (es. lo Pseudomonas responsabile di quel particolare caso di mozzarelle blu che ha scandalizzato l’opinione pubblica nel 2013).
- I secondi sono i più pericolosi perché hanno un effetto negativo sul consumatore, ma nessuna manifestazione evidente sull’alimento (es. Campylobacter jejuni, che è il principale responsabile dei più comuni disturbi gastrointestinali, anche leggeri).
Fortunatamente nella maggior parte dei casi lo sviluppo di microrganismi patogeni coincide con quello degli alteranti, quindi ci accorgiamo facilmente se un alimento è “andato a male.”
Ci sono innumerevoli fattori che influenzano la crescita dei microrganismi negli alimenti, ma i più importanti da tenere sempre in considerazione sono 3: pH, attività dell’acqua (aw) e temperatura di conservazione.
- Il pH ci dà un’idea dell’acidità di un alimento (in realtà i concetti di pH e di acidità presentano delle differenze, ma non è questo il momento per essere pignoli...): ogni microrganismo ha un proprio “range” di pH in cui riesce a sopravvivere e moltiplicarsi, ma il valore ideale per la vita è quasi sempre quello neutro (7). Per questo, più ci allontaniamo dal pH neutro, più fatica faranno i microrganismi a sopravvivere. Per farsi un’idea di quale possa essere il pH di un qualsiasi prodotto di pasticceria è sufficiente tenere a mente questa regola generale: gli alimenti di origine animale (es. latte, uova) hanno pH vicini alla neutralità, le verdure hanno pH più bassi ma non sufficienti a impedire lo sviluppo microbico, la frutta ha pH molto bassi che contrastano i microrganismi.
- L’attività dell’acqua è un parametro molto utilizzato in campo alimentare: per semplificare il più possibile possiamo definirlo come la quantità di acqua contenuta in un alimento che è libera e non impegnata in altri legami. Una parte di acqua all’interno degli alimenti infatti tende ad interagire con gli altri ingredienti (es. zuccheri, fibre, proteine, ecc...) legandosi strettamente, mentre il resto rimane a disposizione per reazioni chimiche o per lo sviluppo microbico. I batteri hanno estremo bisogno di acqua, infatti la maggior parte dei patogeni non si sviluppa a valori di aw inferiori a 0,90: purtroppo la maggior parte dei prodotti di pasticceria supera facilmente valori di 0,95.
- Infine, ma non certo per importanza, la temperatura: è il parametro più facilmente controllabile all’interno di un laboratorio di pasticceria. Le basse temperature sono un’ottima soluzione per rallentare (refrigerazione) o addirittura arrestare (congelamento, abbattimento) lo sviluppo microbico. È fondamentale però tenere sempre a mente che le basse temperature sono BATTERIOSTATICHE: i microrganismi non vengono uccisi dal freddo, infatti aumentando la temperatura riprendono a crescere. Discorso diverso vale per le alte temperature: una corretta cottura è in grado di eliminare gran parte dei microrganismi presenti nell’alimento. Le alte temperature sono BATTERICIDE.
Come si dice, però, “prevenire è meglio che curare”: evitare di contaminare gli alimenti con batteri patogeni è alla base di ogni produzione alimentare. Per questo un’azienda non può prescindere da una corretta formazione del personale sul tema dell’igiene.
Le principali fonti di contaminazione sono 3: materie prime, ambienti e addetti.
- La contaminazione delle materie prime spesso non dipende da noi, ma dal fornitore, ed è difficile accorgersene senza specifici test. In questo senso è utile rispettare gli accorgimenti descritti poco fa, in particolare l’aspetto legato alla temperatura.
- La pulizia e la disinfezione degli ambienti e delle attrezzature è un requisito di base per garantire la salubrità degli alimenti prodotti: tutto ciò che circonda l’alimento, anche se non entra direttamente in contatto con esso, deve necessariamente essere sempre pulito (con detergenti, la semplice acqua non è sufficiente) e asciutto.
- Altro aspetto fondamentale è la cura dell’igiene degli operatori, che non si limita alla cura della persona (capelli, barba e/o baffi, unghie, mani), ma prevede anche alcuni accorgimenti comportamentali (non indossare gioielli, limitare i cosmetici, non fumare, evitare starnuti e colpi di tosse in prossimità degli alimenti) e sulla divisa (utilizzare abiti diversi da quelli che si usano all’esterno, sempre puliti). E ricordate sempre che il copricapo, se necessario, deve CONTENERE la capigliatura, non decorare!